Non di poco conto è la riflessione sul rapporto fra giustizia e misericordia, discostandoci da una visione puramente legalista, dalla mera osservanza della legge (comunque non in discussione), siamo di fronte a un atteggiamento che propone di superare la punizione, di provare a guardare anche oltre. La misericordia non propone una visione alternativa alla giustizia, anzi. Essa esprime il bisogno di vicinanza con il reo e con l’offeso, offrendo un’ulteriore possibilità all’uno di ammettere e superare il male compiuto, all’altro di perdonare e superare il male subìto. Una giustizia che riesce a liberare dal male tanto chi lo ha commesso quanto chi lo ha subìto. Ciò non significa svalutare la domanda di giustizia o renderla superflua, al contrario: chi sbaglia, avrà da scontare la pena, ma nella consapevolezza che la pena non è il fine, tantomeno la fine, bensì l’inizio di un nuovo cammino di liberazione.
Giova ricordare il percorso faticoso e impervio della giustizia riparativa, uno degli itinerari di ricerca della giustizia che lavora sul male che è avvenuto, per attraversarlo – vittime e rei insieme – al fine di superarlo senza che sia la pena a dare l’unica e definitiva risposta. Consapevoli che non potremo mettere fine alla incessante domanda di giustizia, accettiamo che la giustizia riparativa sia un’aspirazione praticabile: essa parrebbe utopica, se non fosse che ha già prodotto importanti risultati che non vogliamo dimenticare. Come l’esperienza del Sudafrica e dell’impegno di Nelson Mandela e del vescovo Desmond Tutu nella Commissione verità e riconciliazione. O restando più vicini a casa nostra, al lungo lavoro guidato da p. Guido Bertagna SJ e dal Cardinal Martini, che negli scorsi anni diedero vita a una rilettura profonda di alcuni dei momenti più bui e sanguinosi degli anni di piombo, riuscendo a costruire un percorso di incontro fra familiari delle vittime e terroristi.
Misericordia e giustizia ci chiedono di non accontentarci di amministrare solo una giustizia retributiva, che infligge una pena al colpevole, secondo il principio che a ciascuno deve essere dato ciò che gli è dovuto: questo è un passaggio che necessita di non essere né l’unico né l’ultimo.
E anche la Politica non sia sorda al richiamo alla Misericordia. Rifacendoci alla Dottrina sociale della Chiesa non possiamo dimenticare che la virtù della misericordia è elemento indispensabile per (pre)occuparsi del bene comune. Le problematiche del nostro tempo possono essere affrontate in senso ampio, includente, rispettoso delle persone e della loro dignità con il quotidiano esercizio di questa virtù. Una forte empatia con le persone, i loro bisogni e le loro legittime aspirazioni, le loro sofferenze e la bellezza dell’impegno quotidiano di ciascuno: atteggiamento, questo, che può conciliarsi con l’impegno sociale e politico.
“Oggi, se vuoi fare del bene, devi fare politica”, diceva Giorgio La Pira. Una Politica che non era sinonimo di furbizia, compromesso o calcoli elettorali, ma passione e amore per la verità e per un profondo senso di giustizia. Politica come “il modo più efficace per aiutare il prossimo”.
Anna Scavuzzo – Consigliera Comunale di Milano