Un incontro decisivo per il futuro dell’ecumenismo. Questa è stata la definizione più diffusa per descrivere lo storico abbraccio tra il Patriarca Kirill e Papa Francesco, avvenuto venerdì 12 febbraio 2016. E’ la prima volta che le due chiese si incontrano dopo secoli di scontri e divisioni, da quel lontano 1054, anno del “Grande scisma” tra la chiesa cattolica romana e quella ortodossa. Il patriarca russo è l’unico grande leader cristiano con cui un Papa non si era mai incontrato. Ma in realtà ben poco conosciamo della chiesa ortodossa.
Ecco alcuni brevi cenni, per comprendere meglio il passo compiuto da papa Francesco. La Chiesa ortodossa è una chiesa autocefala, cioè senza un Papa: si tratta di una comunione di chiese nazionali, di cui quella russa, guidata da Kirill I dal 2009, è nettamente la più importante, almeno numericamente: conta 157 diocesi, più di 29mila parrocchie e 150 milioni di fedeli. Se la Chiesa russa è la più vasta, il primato d’onore tra ortodossi è del patriarcato di Costantinopoli, con cui l’avvicinamento dei cattolici è iniziato grazie allo storico abbraccio tra Paolo VI e Atenagora, Patriarca di Costantinopoli, il 5 gennaio 1964, ed è proseguito fino all’incontro tra il Patriarca Bartolomeo e papa Francesco a Istanbul nel 2014. Nel 1997 Papa Giovanni Paolo II e Alessio II, allora Patriarca di Mosca, avevano organizzato un incontro, mai realizzatosi, perché non c’era accordo pieno sulla Dichiarazione congiunta. Ora invece l’accordo è totale e la ferma volontà di incontrarsi è stata più forte di qualsiasi dettaglio teologico. L’incontro tra papa Francesco e il Patriarca Kirill è certamente frutto di un lungo lavoro di perseveranza, sia da parte cattolica che da parte ortodossa. E l’impegno sancito dalla Dichiarazione congiunta è di grande importanza per tutta la cristianità.
L’incontro tra Papa Francesco e Kirill passerà alla storia per diversi motivi. Innanzitutto per il richiamo all’ecumenismo del sangue, versato soprattutto dai cristiani ortodossi nel Medio Oriente, in Egitto, in Siria, in Iraq. Questo incontro aveva lo scopo di spendere una parola di difesa nei confronti di questi cristiani perseguitati. Anche la scelta de L’Avana come sede dell’incontro non è casuale. Innanzitutto perché Papa Francesco in America Latina è di casa, ma soprattutto perché la chiesa ortodossa ha ottimi rapporti con l’isola caraibica, sia per i comuni trascorsi politici tra Cuba e Russia, sia per l’alto numero di immigrati russi lì residenti. L’incontro avrà certamente ricadute importanti anche sulla crisi ucraina. Come ha scritto Andrea Riccardi, «Kirill sa bene come un avvicinamento con il Papa aiuti a superare i problemi ucraini. I russi ortodossi si sono resi conto che il Papa è uomo di pace e non di parte. La diplomazia di Putin lo sa e tiene in considerazione il Vaticano».
Infine è bene ricordare che tra poco ci sarà il Sinodo panortodosso a Creta, che inizierà il 19 giugno, giorno della Pentecoste ortodossa. Il Concilio panortodosso non si convoca da oltre mille anni, proprio dal 1054, anno del “Grande scisma” con la chiesa cattolica romana. Saranno circa 400 i delegati al Concilio, un nuovo punto di partenza per l’ortodossia mondiale, guardato con interesse dal resto del mondo. In realtà i preparativi per il suo svolgimento sono in corso da decenni. Ma l’incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill in questo orizzonte significa molto.
Dopo questo grande passo anche i primati delle chiese ortodosse a Creta avranno certamente più sintonia e più capacità di dialogo tra loro.
Marta Valagussa