Su piazza Greco, cuore dell’omonimo quartiere milanese, brilla una scritta di colore azzurro che recita “No more excuses”, opera dello scultore fiorentino Maurizio Nannucci. E’ l’insegna, se così posso definirla, del Refettorio Ambrosiano che da ormai quasi un anno rappresenta il segno tangibile di come Milano abbia voluto mettersi in gioco sul tema del cibo per far sì che Expo 2015 non rimanga solo un ricordo.
L’ex teatro parrocchiale di San Martino in Greco è stato completamente ristrutturato e, con l’aiuto volontario di artisti, designer e architetti, è diventato quello che Davide Rampello ama definire “il secondo più bel refettorio di Milano dopo quello di Santa Maria delle Grazie affrescato da Leonardo da Vinci”.
Ma la vera bellezza del Refettorio Ambrosiano non risiede nelle splendide opere di Cucchi, Paladino e Benvenuto o nei 12 tavoli unici di maestri del design. La vera bellezza risplende negli oltre 100 volontari che si alternano ogni giorno per garantire cibo agli ospiti delle strutture Caritas del territorio attorno alla Stazione Centrale che trovano in piazza Greco un luogo in cui recuperare quelle relazioni umane la cui perdita è spesso alla base di molti percorsi di marginalità sociale.
Al Refettorio Ambrosiano si cucina con le eccedenze alimentari e si costruiscono le condizioni per respingere quella “cultura dello scarto” che tanto preoccupa papa Francesco. Non si tratta di una semplice mensa, Refettorio Ambrosiano intende essere un punto di riferimento sociale e culturale sui temi del cibo e dello spreco anche attraverso eventi culturali che intendono promuovere il confronto e l’approfondimento che diventano più sciolti e autentici attraverso la condivisione della mensa.
Durante i mesi di Expo 2015 sono passati per la cucina di piazza Greco numerosi chef stellati provenienti da tutto il mondo su invito di Massimo Bottura che si è fin dall’inizio innamorato del progetto. Gli chef non hanno semplicemente cucinato per gli ospiti del refettorio, hanno lasciato alcuni dei loro segreti in eredità a coloro che oggi gestiscono la cucina e ripropongono piatti che, secondo le nostre abitudini, sarebbe logico mangiare in un rinomato ristorante piuttosto che in una mensa per poveri.
Un luogo per molti versi unico, così come l’atmosfera che vi si respira grazie al calore e all’umanità dei tanti volontari che lo animano e non si limitano a servire distrattamente ai tavoli.
Refettorio Ambrosiano può continuare la sua attività grazie al sostegno di Caritas Ambrosiana, ma conta soprattutto sulle periodiche raccolte fondi che vengono promosse con eventi in loco e con iniziative di crowdfunding in rete. Lasciatemi allora dire, prendendo non a caso a prestito un’espressione della liturgia eucaristica, come partecipare a un’iniziativa al Refettorio sia “cosa buona e giusta”: perché si mangia bene e si partecipa a percorso che fa bella la nostra città.
Fabio Pizzul