Anche a Milano i poveri sono evidenti negli spazi comuni della vita quotidiana. Ma la diffusione della povertà, in effetti, non riguarda solo chi si mette in coda a una mensa, a un dormitorio, a uno sportello… Riguarda chi fatica ad arrivare a fine mese; chi fatica a pagare la mensa per i figli, o non può permettersi di mandarli in gita o in vacanza; chi è angosciato di fronte all’evenienza di una spesa necessaria improvvisa come il curarsi i denti o riparare l’automobile e la lavatrice.
Questo ritorno prepotente della povertà non è solo frutto della lunga crisi economica. Almeno già dagli anni ottanta del Novecento risultava evidente che la povertà nei paesi ricchi sarebbe diventata un fenomeno più strutturale che residuale.
Diverse sono le cause del ritorno della povertà. La precarietà lavorativa, ma anche la crescente instabilità coniugale, che spesso ha portato alla femminizzazione e, di conseguenza, alla infantilizzazione della povertà; il ritorno del legame stretto tra presenza numerosa dei figli (circa tre) e fragilità economica delle famiglie negli strati sociali più bassi perché non ci sono vere politiche a loro favore. Relativamente nuovo è il rischio di povertà legato all’invecchiamento e ai bisogni derivanti dalla mancanza di autosufficienza, collegata all’innalzamento della speranza di vita.
Infine, in questi anni la pressione demografica nei paesi meno sviluppati e la speranza di una vita migliore – per sfuggire a guerra, carestie, catastrofi naturali, o per godere di maggiore rispetto dei diritti e di migliori condizioni economiche – hanno provocato una delle più massicce forme di mobilità geografica mai conosciute. Migranti e richiedenti asilo hanno ingrossato, diversificandole ulteriormente, le schiere dei nuovi poveri, traditi anch’essi dalla crisi dello sviluppo in paesi ricchi.
Cosa fare a Milano per risolvere il problema della povertà? Da anni si parla di un reddito minimo di inserimento che permetta alle persone povere di essere reinserite nella società, ma anche e soprattutto a un accompagnamento per il reinserimento lavorativo e sociale. La legge di stabilità 2016 ha tentato di dare delle risposte.
In concreto, anche grazie alle pressioni esercitate sul governo da parte dell’<Alleanza contro la povertà in Italia> (aggregazione di 35 organismi associativi, istituzionali e sindacali, di cui Caritas Italiana è tra i promotori) e a un chiaro orientamento espresso dall’Unione europea, la legge finalmente finanzia un piano di lotta alla povertà su scala nazionale, con la creazione del “Fondo per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale”, allocato presso il ministero del lavoro e delle politiche sociali. Questo fondo si avvale dell’assegnazione di 600 milioni di euro per il 2016 e di 1 miliardo, strutturale, per gli anni a venire.
La legge di stabilità 2016 rappresenta indubbiamente uno spartiacque in tema di politiche sociali e di lotta alla povertà, ma molte incognite si addensano su alcuni aspetti ancora non chiari della strategia messa in campo.
Roberta Osculati