Si parla molto di pensionati, ma il vero problema dell’Italia sono i giovani. L’Italia è il paese europeo con la percentuale più bassa di cittadini under30, un dato ancor più amplificato dal saldo negativo tra giovani che lasciano il nostro paese e giovani che riusciamo ad attrarre dall’estero. La Fondazione Migrantes, a inizio ottobre, ha rivelato come -nel 2015- 40mila giovani italiani si siano trasferiti all’estero e non sempre con l’idea di tornare a casa.
In Italia per un giovane tra i venti e i trent’anni sono più le cose che non si riescono a fare: spesso non si studia né si lavora e il tasso di fecondità è il più basso d’Europa.
Ai giovani non mancano progetti, ma non sono aiutati a concretizzarli. Il curatore del Rapporto Giovani dell’Istituto Toniolo (l’ente fondatore dell’Università Cattolica), Alessandro Rosina, parla di “generazione disorientata”. L’entusiasmo e la creatività dei giovani vanno dispersi, al pari della loro energia, che non è indirizzata a dare il meglio e a produrre nuovo benessere sociale ed economico, ma a uno sforzo di perenne adattamento e rinuncia.
Negli ultimi anni si sono tentate strade nuove, dal progetto europeo “Garanzia giovani” all’introduzione dell’alternanza scuola-lavoro nel triennio delle superiori, anche se i risultati sinora non sono stati all’altezza delle attese. Bisogna proseguire sulla strada tracciata, ma pare mancare la voglia del mondo adulto di mettersi davvero in discussione e di lasciarsi provocare e arricchire dai giovani.
C’è la brutta sensazione che chi giovane non è più intenda occupare tutti gli spazi, quasi leggesse le nuove generazioni come una minaccia al proprio benessere.
Forse anche il linguaggio ruvido della rottamazione ha contribuito ad avvelenare il clima: serve considerare giovani, adulti e anziani come complementari per la costruzione di una società più equilibrata ed umana.
Un giovane che si sente stimato e apprezzato troverà coraggio e fiducia. Proprio quello che manca all’intera società italiana.
Fabio Pizzul