L’esito delle elezioni statunitensi non credo possano avere un’incidenza diretta con l’imminente referendum costituzionale italiano. Anche se non ‘incidente’ sull’esito, potrebbe però essere utile capire come matura il suo consenso dell’elettore. Credo che la vicenda americana – che tanti effetti avrà sulla politica economica e geopolitica mondiale – possa dare alcuni suggerimenti per questo finale di partita.
L’opinione dei media non raggiunge e spesso non convince l’elettore: meno stampa e più web (dei siti che con le bufale guadagnano in crescente pubblicità). Il voto è una scelta che non sempre si dichiara in pubblico, soprattutto se si ritiene in contrasto con la valutazione socialmente espressa, e si spiega così la mancata percezione dei sondaggisti in numerose recenti occasioni. Qualcuno ha ricordato che avveniva così anche con la DC ed è avvenuto anche per l’avvio di la Lega e poi di M5S. Da dove passa la maturazione di un consenso? Esso resta un sentimento, la fiducia in una persona amica, oltre che una conoscenza razionale.
La conoscenza/non conoscenza dei contenuti/programmi – e nel nostro caso del testo referendario – costituiscono un momento rilevante. Per Trump alcuni si accorgono ora del suo programma, ed oggi anche per il referendum lo scontro spesso si riduce a slogan (<è confuso>, <va verso una deriva autoritaria>, <il premier non è stato eletto>: perché Ciampi si??! <ti tolgono il voto>…) invece che ricercare e spiegarne i passaggi rilevanti. Personalmente credo che le note salienti della riforma siano riconducibili
a) alla ‘fine del bicameralismo perfetto’;
b) alla ‘fiducia al governo dato dalla sola Camera dei deputati’ (per la precisione, ad un governo che non avrà modifiche a differenza di quanto voleva Berlusconi nel 2006);
c) al riordino delle competenze fra stato e regioni.
Per vincere non basta però il voto intimo e riservato: se il mio resta un voto nascosto e ‘depresso’ non fa breccia e non si afferma. Occorre allora saper dire con franchezza perché e come si vota, e portare con sé a votare almeno 10 amici, togliendoli dall’astensione a favore dell’approvazione.
Un attimo che conta: il minuto per votare avrà un effetto importante e duraturo. Poco valgono oggi le proteste contro Trump – magari di qualcuno che non è andato a votare, o l’ha votato perché pensava comunque perdesse -, così come i rimpianti sulla Brexit.
E’ utile aggiungere incertezza a incertezza?
Poco varrà il pentimento della notte del 4 dicembre, se tutto rimarrà come prima.
Paolo Danuvola