Con la legge 107 sull’<alternanza scuola lavoro>, esperienza che ancora occupa il dibattito tra detrattori e sostenitori, si è avviata una vera e propria sistematizzazione delle esperienze, ponendole come obbligatorie in tutti i percorsi di studi secondari in quanto fondamentali nella formazione dello studente. Posso affermare che si tratta di una grande opportunità: lo dico da Assessore all’Educazione di un Comune di 82mila abitanti come Sesto San Giovanni, ma lo dico anche da insegnante di scuola secondaria.
É un’opportunità certo per i ragazzi, che possono misurarsi con diverse modalità di apprendimento, ma anche per mettere in discussione lo stereotipo diffuso che “prima si studia e poi si lavora”. Ma può diventare anche un’opportunità per chi amministra un territorio. Tra le principali difficoltà che l’applicazione dell’alternanza scuola lavoro sta incontrando c’è la disponibilità di imprese “ospitanti”: pochi soggetti disponibili e per pochi posti. Eppure anche gli Enti Locali possono fare la loro parte: i Comuni (Sesto San Giovanni l’ha fatto) possono firmare convenzioni con le scuole del territorio per ospitare gli studenti dell’alternanza scuola lavoro, così come Città Metropolitana o Regione Lombardia. E, a voler essere più ambiziosi, si potrebbero realizzare veri e propri accordi quadro tra la Pubblica Amministrazione, le Scuole del territorio, le imprese e le relative associazioni di categoria, la Camera di Commercio, ma anche le istituzioni sanitarie e i rappresentanti del Terzo Settore: in questo modo non solo si amplierebbero le disponibilità di soggetti “ospitanti”, ma anche la varietà delle esperienze lavorative, così da poter essere veramente parte integrante del percorso formativo di ciascuno studente, sulla base del corso di studi scelto e delle competenze che sta acquisendo.
Senza contare che l’opportunità non è “a senso unico” per i ragazzi e le scuole, ma anche per i soggetti ospitanti che i questo modo devono confrontarsi con energie giovani, che li obbligano a ripensarsi in modo più smart.
Parlare di alternanza scuola-lavoro significa però anche altro. Significa imporsi una riflessione sul modello di apprendimento che il nostro Paese ha avuto in mente fino a poco tempo fa, e sulla gerarchia di ‘saperi’ che questo modello portava con sé. Significa finalmente comprendere che è più opportuno parlare di apprendimenti al plurale, riconoscere che alcune persone apprendono dalla teoria, mentre per altre questa risulta una strada “senza uscita”.
Infine, parlare di alternanza scuola-lavoro significa puntare lo sguardo verso l’Europa: da una parte verso gli obiettivi indicati per la strategia dell’Europa 2020, strumento globale per la crescita e l’occupazione, e dall’altra verso le esperienze degli altri Paesi dove non solo l’alternanza scuola-lavoro ma in generale la formazione attraverso il sistema duale è ormai prassi consolidata ed efficace.
“La scuola prima di tutto” è il mantra che mi piace ripetere: non è solo attenzione inclusiva ai bambini e ai ragazzi, ma è lo strumento per combattere dati allarmanti come la dispersione scolastica, la dispersione universitaria e la disoccupazione giovanile. E finalmente stare al passo con l’Europa.
Roberta Perego