Il sistema delle aree protette di Regione Lombardia comprende 24 parchi regionali, 66 riserve naturali, 33 monumenti naturali, 242 siti Natura 2000, gestiti da 85 enti diversi e 101 parchi locali di interesse sovracomunale (PLIS) gestiti dai Comuni. La superficie complessiva delle aree protette presenti sul territorio lombardo è di 544.386 ettari, pari al 22,83% della superficie totale. Un sistema territoriale complesso, dunque, in cui la natura, ben rappresentata da montagne, fiumi, laghi e ambienti planiziali, coesiste con una realtà fra le più urbanizzate e industrializzate d’Italia.
In questi giorni il Consiglio regionale ha approvato a maggioranza la riorganizzazione del sistema lombardo di gestione dei parchi e delle aree protette con una legge che non è né di grande respiro, né ambiziosa. Il testo, infatti, non affronta una revisione organica della normativa precedente, l’ottima ma vetusta legge 86 del 1983, ma si pone quale unico obiettivo la razionalizzazione degli enti gestori. L’iter del progetto è stato travagliato e difficoltoso a causa di incertezze, contrarietà, della mancanza di un disegno di fondo, di una visione, da parte della maggioranza regionale.
E se la Giunta ha aderito alla richiesta iniziale che fosse la Regione a dettare gli indirizzi per le aggregazioni tra parchi e le integrazioni di riserve e monumenti naturali nei parchi – senza scaricare, come avrebbe voluto, le decisioni sui parchi stessi – si fa fatica ora a capire le motivazioni di certe individuazioni.
Delle 9 macro aree previste, che suddividono il territorio regionale e costituiscono il riferimento per la progressiva aggregazione tra i parchi, poche presentano infatti caratteristiche di omogeneità. Diventerà difficile in futuro valorizzare le peculiarità delle aree protette e favorire il passaggio da una funzione di esclusiva salvaguardia ad una funzione di “tutela e fruizione” in sinergia con lo sviluppo sostenibile dei territori.
Si poteva prevedere non solo la tutela, ma anche le modalità operative per la conservazione della biodiversità, la gestione e la valorizzazione del patrimonio naturalistico ambientale regionale a cui devono essere assicurate le condizioni di riproduzione e la sostenibilità degli usi. Sedici ambiti di sviluppo sostenibile, denominati ARESS, che avrebbero potuto avere un ampio ventaglio di possibilità di intervento: dall’educazione ambientale alla promozione turistica, dalla conservazione e innovazione del paesaggio al sostegno delle attività economiche, agricole e produttive, dalla promozione della vendita on line dei prodotti delle aree tutelate fino al restauro dei centri storici e dei nuclei abitati rurali o alle opere di risanamento dell’acqua, dell’aria e del suolo…
E soprattutto si potevano mettere insieme ambiti omogenei dentro i quali ricomprendere non solo le aree protette e tutelate, ma tutto il territorio regionale con l’intento di far “dialogare” l’intera Lombardia intorno a questi temi.
Senza contare che i fondi messi a disposizione dei parchi per incentivare le aggregazioni, nella legge di riforma, cioè 420 mila euro, non bastano nemmeno per iniziare. Occasione persa.
Laura Barzaghi