L’esito delle elezioni americane ha sorpreso sondaggisti, osservatori, governanti e buona parte dell’opinione pubblica anche europea. Molti davano per scontata la vittoria della Clinton e le principali cancellerie non avevano nascosto preferenze e lesinato endorsement.
“Il mondo occidentale si era diviso”: da una parte le leadership istituzionali, dall’altra quelle dei movimenti e dei partiti cosiddetti populisti.
L’effetto del recente referendum in Gran Bretagna aveva già scosso le fondamenta del mondo antico (soprattutto ma non solo al di qua dell’Oceano); l’elezione di Trump ha ulteriormente sgretolato certezze e creato il “panico”.
Quale sarà il nuovo corso della politica interna statunitense ma soprattutto estera? Prevarrà’ una propensione isolazionista? E quale sarà l’atteggiamento del nuovo Presidente verso la Russia di Putin e il medio oriente, a partire dalla crisi siriana fino all’Iran? E il tradizionale rapporto Atlantico con l’Europa? Diventerà marginale? E i paesi emergenti dalla Cina fino all’India che ruolo avranno?
A complicare il quadro, molti si sono chiesti: cosa accadrà tra le due sponde dell’Oceano se anche in Francia – tra pochi mesi – dovesse prevalere il Front National di Marine Le Pen visto lo stato comatoso in cui versa il Presidente Hollande e tutto il partito socialista francese? Basterà “turarsi il naso” e appoggiare – destra e sinistra assieme – il candidato di centro destra in nome della difesa dei cosiddetti valori repubblicani?
E ancora, dopo le elezioni austriache cosa accadrà dopo quelle tedesche del prossimo anno?
In Francia le primarie – ancora contro ogni pronostico – hanno consacrato il leader Fillon che ha stravinto con il moderato Juppé al ballottaggio, dopo aver sonoramente battuto Sarkozy al primo turno. A meno di clamorose sorprese alle presidenziali della prossima primavera sarà duello tra 2 leader collocati molto a destra nella politica francese: il favorito Fillon e Marine Le Pen. Il primo ha già fatto sapere di preferire un’Europa di Stati nazionali e di privilegiare un asse di Parigi con Trump e Putin.
In questo contesto, l’unica buona notizia sembra arrivare dalla Germania, con la ricandidatura della Cancelliera Angela Merkel, da molti giustamente definita “attesa ma non scontata”, prima di capire cosa farà la SPD che non sembra peraltro avere – almeno al momento – chance concrete di vittoria.
A complicare ulteriormente il quadro della politica europea i paesi orientali che – capitanati dall’Ungheria di Orban e stretti nel cosiddetto blocco di Visegrad – fanno riemergere forti tendenze nazionaliste spesso antieuropee.
Insomma l’Europa vive uno stato confusionale preoccupante e non appare – soprattutto se intesa come Unione europea – in cima alle priorità (almeno dichiarate) del neoeletto Presidente americano Trump che sembra, invece, privilegiare altri interlocutori: da Putin a leader non europei(sti) ma nazionali(sti), Orban compreso; anzi, forse Orban per primo.
In un mondo dove prevalgono paure e chiusure, emerge prepotentemente la spinta nazionalista a ogni latitudine. E un “nuovo corso tra le due sponde dell’Atlantico” a questo punto passa necessariamente attraverso le elezioni tedesche e attraverso il coraggio che la Germania avrà di ristabilire ordine e priorità in Europa; esercitando leadership vera che è cosa diversa dalla cura del (solo) interesse nazionale. Speriamo solo che dieci mesi non siano troppo lunghi.
Carmine Pacente