La vittoria del liberale Rutte alle elezioni tenutesi nei Paesi Bassi ha segnato una battuta d’arresto per i movimenti populisti che, sempre più, occupano lo spazio politico delle liberal-democrazie occidentali. La vittoria è comunque solo parziale: il Partito per la Libertà (su posizioni riconducibili all’estrema destra) capeggiato da Wilders ha guadagnato voti e seggi, divenendo il secondo del Paese, e dunque l’arresto dell’onda cavalcata dai demagoghi potrebbe anche essere solo momentaneo.
La elezioni presidenziali francesi saranno un banco di prova molto importante, anche se per forza decisivo. Anche se Trump e Brexit hanno insegnato ad essere più che guardinghi sulle previsioni, pare ci siano buone probabilità che il moderato Macron prevalga – salvo scandali dell’ultima ora – al secondo turno, nei confronti di Marine le Pen. Anche in Germania, poi, le elezioni non riserveranno sorprese: a contendersi la vittoria, infatti, ci saranno CDU con Merkel – già scontratasi con il neoeletto Trump – e SPD con Schultz. Tali possibili risultati, però, non altererebbero un dato di fatto difficilmente ignorabile: la retorica populista cresce e ha già portato a risultati rilevanti. È complesso, naturalmente, misurare l’impatto di tale retorica sulla vittoria, ad esempio, del fronte del sì alla Brexit o sull’ascesa di Trump: è indubbio, tuttavia, che l’appello alla “pancia” dell’elettorato abbia contribuito sensibilmente ai due successi.
L’uomo, però, è sempre stato soggetto a determinate dinamiche e la maggioranza ha sempre dato più peso alle proprie opinioni personali, alle percezioni e alle emozioni rispetto ai fatti. La radice storica, ovviamente, non cancella la pericolosità legata al ritorno di una certa retorica atta a guadagnare consenso. Ma sarebbe un errore derubricare il tutto sotto la voce “irrazionalità”. Esistono dei bisogni, infatti, che una certa fascia di popolazione ritiene insoddisfatti e ne addossa la colpa, a seconda dei casi, alle istituzioni europee, agli immigrati, all’Euro.
All’interno di questo complesso mosaico, la proposta di una Europa a due velocità, che già esiste sin dagli anni ’80, potrebbe essere una soluzione magari necessaria (a maggior ragione dopo il grande allargamento dei confini dell’Ue nello scorso decennio) ma non sufficiente. L’idea di Europa si fonda sull’unità, sul proseguire appaiati in un percorso comune. Non è un caso, dunque, che molti Paesi abbiano già mostrato malumori per la proposta di Francia, Germania, Italia e Spagna. Spingere sulla strada delle due velocità potrebbe portare a spaccature ulteriori all’interno dell’UE e, quindi, aggravare una situazione già difficile di suo. Senza dimenticare, inoltre, che i quattro Paesi proponenti difficilmente potrebbero giungere a un accordo capace di portare a un’unione esprimente un potere sovrano autonomo. Il rischio, dunque, sarebbe quello di esacerbare le divisioni senza poter raggiungere un risultato adeguato.
In ogni caso, è giunto il momento che l’UE, per sopravvivere e perdurare contro i populismi, si attivi per non nascondere, rinviare o minimizzare, ma finalmente affrontare i problemi esistenti (alimentati anche dalla diffusione di notizie parzialmente o totalmente false – che esasperano la già presente dinamica amico-nemico e alimentano fenomeni distorsivi nell’opinione pubblica): è questa l’unica strada per procedere uniti verso una maggiore integrazione.
Simone Zuccarelli