La sfida vera comincia adesso? No: è dal 2007 che la sfida EXPO sta mostrando platealmente il meglio e il peggio di questo strano Paese. Ma di sicuro, quel che avviene a semestre EXPO concluso era avvertito fin dall’inizio come sfida ultima: in gioco c’è la trasformazione di un’intera zona periferica in una parte viva e integrata di un’area metropolitana viva e integrante. Mica noccioline: alla faccia di chi spara fantasiose destinazioni d’uso del formidabile giocattolone pop avvitato all’albero della vita (e non ce ne voglia l’Autore della Genesi, detentore del copyright). A riflessione e proposte in corso, tre gli elementi perché l’operazione abbia successo: tempo, risorse e volontà di coesione. Il tempo non sarà breve, e facciamocene una ragione: un conto è tirar su in pochi mesi una bella fiera organizzata (bene!), tutt’altra faccenda è l’organizzarsi di funzioni permanenti in un quartiere urbano quotidianamente attivo. Amministratori e urbanisti sanno che non basta azzeccare la progettazione, perché un pezzo di città acquisisca identità, stabilità e attrattività, ma devono concorrere mille fattori sociali, e non tutti preventivamente calcolabili. Quanto alle risorse, quelle locali già coinvolte non bastano: si rassegni Regione Lombardia che ama auto-definirsi “eccellente”, ma occorre l’impegno del Governo che, considerando quella di EXPO un’area strategica per il sistema Paese, decida di investirvi energie di livello nazionale (Cassa Depositi e Prestiti con le competenze connesse), con una progettazione e una regia in grado di attrarre ulteriori investimenti privati e internazionali. Di nuovo, mica noccioline. Ma Milano ha dimostrato di meritarselo, e solo così si può pensare di dar corpo ad alcune delle ipotesi già oggi sul tappeto, dal nuovo campus universitario/scientifico, agli uffici della pubblica amministrazione, ai poli dell’innovazione agroalimentare e delle imprese di filiera. E chi più ne ha più ne metta? No: a Milano non si gioca a nomi animali cose città”. Può avanzare idee chi indica realisticamente dove reperire investimenti che le sostengano. E infine la volontà di coesione: fu la forza che aggiudicò a Milano l’evento del 2015 quando i vari livelli amministrativi erano presieduti da forze politiche diverse, ed è veramente l’elemento chiave; ma è anche quello, lo si è visto, a più facile rischio di degrado. Richiede visione e deciso rifiuto della logica di clan (che va dalle lobbies di ogni specie alla criminalità organizzata, senza una precisa linea di demarcazione): merce rara, in Italia. E comunque, il dopo-EXPO è già in corso, e niente appare facile: a Cascina Triulza si sono già candidati a presidiare una gigantesca operazione che eviti lo spreco di strumenti, arredi, materiali vissuti solo sei mesi e in grado di rimanere in circolo, energia per la vita di tante realtà non-profit. Se qualcuno crede che un’idea così sensata e una disponibilità così flessibile bastino per farcela, chieda in giro: sarà tutto meno che semplice, nel dopo –EXPO. Ma non essere all’altezza della sfida sarebbe imperdonabile.
PaolaPessina